Pyrgi (Castello di S.Severa)
Pyrgi è il nome greco (Πύργοι) di una città portuale abitata dagli Etruschi alle pendici dei Monti della Tolfa, nell'odierna frazione di Santa Severa del comune di Santa Marinella. Il nome etrusco dell'abitato non è conosciuto.
Il tratto di costa oggi corrispondente all’abitato di Santa Severa, è stato oggetto di una frequentazione plurimillenaria che risale al neolitico. A partire dal VII sec. a.C., in corrispondenza del promontorio oggi occupato dal Castello, fu fondata Pyrgi, espressione della potenza marittima di Caere, odierna Cerveteri, tra le maggiori del Mediterraneo.
Pyrgi fu il porto di Caere, l'odierna Cerveteri, da cui dista 13 km; distrutto dalla flotta di Dionigi di Siracusa nel 384 a.C., divenne colonia romana nel 264 a.C..
Pyrgi è menzionata nell'Itinerarium Maritimum, tra i porti e gli approdi del tragitto marittimo che da Roma conduceva in Provenza, nel sud della Francia.
L’insediamento etrusco si sviluppa su una superficie di oltre 10 ettari intorno al porto, frequentato soprattutto da naviganti e commercianti greci e fenici. Oltre cinquant’anni di indagini sistematiche condotte dalla cattedra di Etruscologia dell’Università Sapienza di Roma, per volontà di Massimo Pallottino, hanno riportato alla luce sulla spiaggia immediatamente a sud del castello i resti di un vasto santuario, tra i più importanti d’Etruria, celebre e noto alle fonti greche e latine. I Greci lo dicevano infatti sacro ad Uni, identificata con la fenicia Astarte, e a Thesan, la greca Leucothea, “dea bianca” del mare.
La costruzione del complesso comincia alla fine del VI sec. a.C. quando Thefarie Velianas, sovrano di Cerveteri, avviò il grandioso progetto che, nell’arco di cinquant’anni, portò alla sistemazione monumentale dell’area.
Primo ad essere costruito fu il cosiddetto tempio B a cella unica, con due file di quattro colonne sulla facciata e sei sui lati lunghi. Successiva, intorno al 460 a.C., è la realizzazione del tempio A, con le colonne in facciata e tre celle sul fondo, con la quale Caere intese riaffermare la propria potenza dopo la sconfitta subita dagli Etruschi nel 474 a.C. nelle acque di Cuma. Del tempio si conserva tra l’altro l’altorilievo fittile dipinto con la rappresentazione del mito dei Sette a Tebe che in origine decorava la fronte posteriore.
Immediatamente a Sud del santuario monumentale è stato identificato un altro luogo sacro, il cosiddetto santuario Meridionale, dedicato a divinità infere, impiantato nel VI sec. a.C. ad opera di fedeli greci che frequentavano il porto pyrgense. Nel 384 a.C. il celebre sito fu saccheggiato da Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa, che portò via un ricchissimo bottino. Nel III secolo a.C., in un angolo dell’area sacra fu costruita una vasca ed in essa vennero deposte, ripiegate insieme ai chiodi utilizzati per l’affissione, le tre famose lamine d’oro con iscrizioni, due in etrusco ed una in fenicio.
La Pyrgi romana è una città fortificata a pianta rettangolare, impostata sul modello del castrum, cioè dell’accampamento militare, costruita su una parte del precedente abitato etrusco. Il muro di cinta, in opera poligonale in blocchi di calcare, è ancora ben visibile quasi per l’intero perimetro; quattro le porte di accesso, aperte a metà di ciascun lato.
Della cittadina romana restano tracce maestose del circuito murario in opera poligonale, nel quale si aprivano alcune porte, oltre a molteplici reperti e iscrizioni in lingua latina conservati nel Castello di Santa Severa e nel borgo medievale che lo circonda. La città è citata da Virgilio nell'Eneide fra le popolazioni che andarono in aiuto di Enea.
Con l’età imperiale, venuta meno la funzione strategico-militare, il litorale venne occupato da lussuose ville marittime, proprietà di ricche famiglie romane. Nel II sec. d.C. Pyrgi venne beneficiata dall’imperatore Adriano di un acquedotto e in questo stesso momento le banchine del porto vennero ripristinate.
In epoca tardo imperiale, tra la fine del III e gli inizi del IV sec. d.C., sarebbe qui avvenuto il martirio di Santa Severa e dei suoi fratelli Calendino e Marco; i resti di un edificio di culto paleocristiano sono stati identificati in anni recenti all’interno del Castello, in occasione di lavori effettuati nella piazza della Rocca, a testimonianza della persistenza dell’insediamento anche durante la tarda antichità.
La struttura del Castello come la conosciamo oggi, però, si ha solo nel XIV secolo, quando la pianta rettangolare con torri angolari era circondata da un fossato. Un ponte di legno collegava il complesso alla imponente fortificazione cilindrica, il Maschio, anticamente chiamata la Torre del Castello o Saracena, attribuita ai Conti di Tuscia ma molto probabilmente la struttura oggi visibile si può considerare l’erede di una primitiva torre inserita nel sistema difensivo del litorale laziale, voluto da papa Leone IV alla metà del IX secolo, contro le scorrerie dei Saraceni. Oggi è visibile nella struttura del XII secolo con aggiunte di epoca rinascimentale.
La prima documentazione scritta sul Castello risale al 1068 quando fu donato, insieme alla Chiesa, dal conte Gerardo di Galeria all’Abbazia di Farfa poi passato nel 1130, sotto papa Anacleto II, ai confratelli di San Paolo e nel 1482 all’Ordine del Santo Spirito che ne fu proprietario per cinquecento anni, fino al 1980. è proprio tra il XV e il XVI secolo che prende vita il Borgo, sotto l’egida di Santo Spirito, di cui è ben visibile lo stemma, ossia la croce patriarcale.
Dopo un lungo periodo di decadenza, il Castello fu utilizzato anche dai tedeschi come base strategica nel corso del secondo conflitto mondiale, mentre in tempi recenti divenne una proprietà dell’Azienda sanitaria locale e attualmente della Regione Lazio, che dal 2014 ne ha voluto la riapertura estiva, per far conoscere questo straordinario patrimonio sospeso tra leggenda e realtà.
Dall’aprile del 2017 il Castello è sempre aperto e ha iniziato un nuovo percorso storico, artistico e culturale, in cui è stato aperto anche un ostello per giovani e famiglie.